Giardino dei Tarocchi
Le sculture ispirate agli arcani maggiori dei Tarocchi, dense quindi di significati simbolici ed esoterici, sono l'ultima tappa di un percorso artistico iniziato da Niki de Saint Phalle a metà degli anni Sessanta, dopo aver abbandonato il Nouveau Réalisme e gli assemblaggi polimaterici per la creazione delle cosiddette "Nanas", enormi, sinuose figure femminili percorribili ed abitabili, la prima delle quali - la Hon -[1] venne realizzata nel 1966 per il Museo di Stoccolma e la più famosa delle quali, la Tete [2], fu terminata nel 1973 nel bosco di Milly-la-Foret in Francia e dichiarata monumento nazionale dal presidente Mitterrand. Nei colori intensi e vivacissimi, nella "spasmodica dilatazione delle forme e nella solarità ispirata ai maestri del cromatismo, da Matisse a Picasso, da Kandinskij a Klee"[3], le corpose, esplosive sculture del Giardino dei Tarocchi, rivestite di un "abito di luce che trasforma le varie figure personalizzate in una favolosa successione di parure neobarocche" [4], rapiscono "l'attenzione e i sensi dello spettatore", che, lungi dal percorrere un parco di divertimenti, compie una sorta di percorso iniziatico che si richiama ad illustri precedenti - Bomarzo, il Palazzo Ideale di Ferdinand Cheval nella Drome, il Parco Guell, le Torri di Watts di Simon Rodia di Los Angeles - ma che è connotato soprattutto dalla presenza di un Femminile materno e potente, carico di complessità simbolica e di "non casuali connessioni (...) con i "calvari" psichici e fisici" dell'autrice[5]. Celebrata come opera unica nel suo genere[senza fonte], al Giardino dei Tarocchi è stata dedicata nell'estate 1997 una mostra all'interno della secentesca polveriera Guzman, sulla laguna di Orbetello, allestita da Gianni Pettena e corredata di un film biografico di Peter Schamonti sulla storia artistica della scultrice. Nell'estate 2006 l'amministrazione comunale di Capalbio organizzò la prima mostra sul Giardino con esposizione di circa 60 opere e documenti di cantiere provenienti da collezioni private tenuta nel Castello Aldobrandeschi Collacchioni. Curatore scientifico della mostra fu Roberto Aureli, collaboratore per oltre un decennio di Niki e di Jean Tinguely per la definizione del Giardino dei Tarocchi. Dell'opera è unanimemente riconosciuto[senza fonte] lo stretto connubio tra arte e architettura, perché "della prima utilizza i vasti repertori figurativi e linguistici, ma della seconda ha la dimensione : umana, abitabile, tangibile" [6] e per la "volontà di destinazione dell'evento plastico a configurazione ambientale, dunque percorribile, abitabile" [7]. Inoltre, con l'arredo della sua scultura-abitazione, l'Imperatrice-Sfinge, Niki de Saint Phalle ha elaborato e realizzato l'altro stretto rapporto tra arte, architettura e design [8], mentre, ancora, presenti ed evidenti sono l'integrazione arte-natura, tradizione-contemporaneità, forme-colore, materia-spirito, così da fare del Giardino dei Tarocchi, un'opera totale.
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